Al Vivaldi... lo strumento di Mozart

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Donato al civico Istituto musicale della Città di Busca un fortepiano viennese del 1822

Data:

01 Febbraio 2008

Tempo di lettura:

4 min

Il fortepiano J. Angst, Vienna inizio Ottocento
Il fortepiano J. Angst, Vienna inizio Ottocento
Un gioiellino dell'Ottocento è stato donato al civico istituto musicale Vivaldi. E' un fortepiano, uno strumento austriaco fabbricato a Viennna nel 1822 dalla bottega di J. Angst. Reca il suo numero d’opus (opera) scritto a matita sul leggio. Anche se ha bisogno di cure particolari prima di tornare a offrire i suoi suoni d'epoca, fa piacere vederlo far mostra di sè in una delle belle sale da studio dell'Istituto cittadino,

Il regalo è giunto alla prestigiosa scuola di musica buschese dall'Istituto Santa Maria degli Angeli, un congregazione di religiose che ha una delle sue sedi a Busca (libreria La Cerna): ad esso va il caloroso ringraziamento sia da parte dell'amministrazione comunale, e in particolare dell'assessore alla Cultura, Marco Gallo, sia da parte del direttore del Vivaldi, Pier Luigi Barbero, che ne curerà il restuaro (non appena si troveranno i fondi...)

E' il direttore Barbero a descriverci lo strumento. 

Un fortepiano "arabeggiante"
Il mobile è totalmente realizzato in noce lastronato con decori in bronzo dorato. Nella zona della pedaliera presenta una bellissima scultura lignea con dorature che rappresenta la mitica Araba Fenice.

L’ambiente arabo con palmizi e sfingi è ripreso nell’etichetta-cartiglio in porcellana dipinta (purtroppo parzialmente rotta e mancante).

Attualmente lo strumento non è in condizione di essere suonato, poiché tutta la parte meccanica deve essere adeguatamente ripristinata. In seguito, si dovrà procedere ad un attento e meticoloso restauro della parte lignea e ad un consolidamento delle parti strutturali.

Il "fratello maggiore" del pianoforte

Il fortepiano, nome con il quale si usa convenzionalmente chiamare il pianoforte nei suoi primi anni di vita, fu ideato e costruito a Firenze attorno al 1700 da Bartolomeo Cristofori, geniale artigiano padovano al servizio del Principe Ferdinando de’ Medici, e fu lo strumento prediletto da Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Schumann... per non nominare che i più famosi fra i grandi compositori della fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.

Costruito interamente in legno, senza rinforzi metallici nella struttura, con martelletti ricoperti di pelle anziché di feltro, il fortepiano ha caratteristiche timbriche e sonore assai diverse dai moderni pianoforti.

Le varie zone della tastiera hanno una individualità sonora molto pronunciata, che differisce in maniera spiccata dalla omogeneità caratteristica dei pianoforti dei nostri giorni; la dinamica ridotta per quanto riguarda il volume è però assai varia per tutte le sfumature di piano, pianissimo, mezzoforte e forte. Inoltre, specie negli strumenti costruiti nei primi trent’anni del 1800, è possibile mutare il timbro delle corde, attraverso una serie di meccanismi (*) comandati attraverso pedali o ginocchiere, con effetti sonori particolarissimi e impossibili da trasferire su strumenti moderni.

Ci riferiamo principalmente al pedale cosiddetto “moderatore” che agisce inserendo una striscia sottile di feltro tra i martelli e le corde, creando un effetto sonoro vaporoso e misterioso (adattissimo alla musica di Schubert, per esempio).

Un altro bizzarro pedale comanda il cosiddetto “fagotto”; in questo caso è una striscia di pergamena che, venendo a contatto con le corde vibranti, produce un suono molto nasale e in qualche modo simile a quello del fagotto.

Una vera curiosità è costituita poi dal pedale cosiddetto delle “turcherie”, il quale comanda una serie di marchingegni atti a simulare un suono di grancassa, campanelli e piatti, suono tipico appunto della musica coeva turca.

Tutti questi pedali per effetti speciali nel corso dei decenni passarono di moda e vennero progressivamente eliminati nei pianoforti di nuova costruzione che pian piano sostituirono il fortepiano.

Dalle corde d'ottone a quelle d'acciaio
Infatti le mutate esigenze sia musicali che concertistiche, provocarono dei radicali cambiamenti nella costruzione e nella struttura degli strumenti: la maggiore richiesta di volume sonoro giustificata dal diffondersi del rito del concerto pubblico in ambienti sempre più vasti, impose l’uso di corde non più di ottone, rame o ferro, bensì di acciaio con calibri maggiori e quindi con maggiori tensioni a loro volta necessariamente sostenute non più da un fragile telaio in legno, ma da un robusto sostegno di ghisa.

I martelli non più ricoperti di pelle ma di feltro, e di dimensioni maggiori, erano chiamati a produrre sonorità più adatte a un pubblico sempre più numeroso. Così, insensibilmente, nel periodo che va dal 1830 circa al 1850 ed oltre, il fortepiano diviene ciò che noi oggi siamo abituati a riconoscere come il pianoforte.

Ma il fortepiano non può essere considerato come uno strumento primitivo successivamente perfezionato sino ad arrivare appunto al pianoforte, in quanto il fortepiano fu perfettamente funzionale ai musicisti e alle esigenze dell’epoca del suo maggiore splendore.

E’ in questa ottica che negli ultimi cinquanta anni il rinnovato interesse per una lettura filologica della produzione musicale del periodo classico e romantico ha portato alla riscoperta, alla rivalutazione e al recupero del fortepiano non più e non soltanto come reperto museale, ma come “arnese” della musica. 

(*) I meccanismi che variano i suoni 

Il fortepiano poteva essere munito di pedali o ginocchiere in numero variabile che mutavano il timbro del suono prodotto:
• Moderato (o pedale moderatore): interpone a corde e martelletti una sottile striscia di feltro per rendere il tono più vellutato.
• Liuto: preme del materiale morbido contro le corde, a ridosso del ponticello, smorzandone il suono.
• Forte
• Fagotto: una striscia di pergamena viene a contatto con le corde vibranti, producendo così un suono nasale simile a quello del fagotto.
• Pedale delle turcherie: si tratta senza dubbio del pedale più bizzarro e la sua funzione è azionare una serie di marchingegni che riproducono un suono di grancassa, campanelli e piatti, elementi tipici della musica turca dei giannizzeri, così come filtrata dalla cultura viennese dell'epoca.

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