Intervista con Guadagnini: 20% Irpef ai Comuni ecco il vero federalismo

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Un Movimento trasversale per rilanciare il lavoro e dare futuro a città e paesi

Data:

13 Ottobre 2009

Tempo di lettura:

4 min

Guadagnini e Gosso discutono delle prossime iniziative del Movimento dei Sindaci, durante una pausa dei lavori dell'asseblea nazionale Anci di Torino (7 - 9 ottobre scorsi)
Guadagnini e Gosso discutono delle prossime iniziative del Movimento dei Sindaci, durante una pausa dei lavori dell'asseblea nazionale Anci di Torino (7 - 9 ottobre scorsi)

Il Movimento dei Sindaci e la proposta di legge per sostenere l’attuazione immediata del federalismo fiscale sono nati per sua iniziativa, l’anno scorso, in un piccolo comune del Veneto, Crespano del Grappa, provincia di Treviso, dove è vice-sindaco e assessore al Bilancio.

Antonio Guadagnini, 43 anni, sposato e padre di un bambino, con un secondo in arrivo, insegnante di matematica, non aveva idea che la scelta di partecipare per la prima volta alle elezioni comunali del suo paese, poco più di un anno fa, schierandosi con il sindaco uscente (area Pdl), l’avrebbe portato nel giro di pochi mesi alla ribalta nazionale. Ora la sua battaglia sta raccogliendo consensi in molti comuni del Nord Italia e lui partecipa, da leader dell’iniziativa, a convegni e trasmissioni tv.

Lo abbiamo incontrato in occasione della XXVI assemblea nazionale Anci (Associazione dei Comuni italiani), che si è tenuta a Torino dal 7 al 9 ottobre, e gli abbiamo chiesto di raccontarci com’è andata.

Guadagnini, come incomincia questa storia?
“Davvero un po’ per caso. Da giovanissimo avevo bazzicato un po’ negli ambienti della gioventù Dc, sono tuttora iscritto all’Udc, ma la mia aspirazione non era certo la politica. Giocavo a pallavolo in una squadra di serie B e studiavo economia; poi ho voluto cimentarmi anche in filosofia. Amici, famiglia, non pensavo proprio che un giorno sarei diventato amministratore comunale”

Ma qualcosa è avvenuto...
“Ho accettato di candidarmi nelle più recenti elezioni comunali del mio paese – Crespano del Grappa, dolcemente incuneata ai piedi dal Monte, quasi 5 mila abitanti, ultimo bilancio assestato sui 2 milioni e mezzo di euro circa, ndr – insieme con il sindaco uscente, Nico Cunial, perché mi aveva convinto il suo operato. E ho raccolto, inaspettatamente, così tante preferenze, forse anche perché qualcuno fra gli elettori mi ha collegato al mio papà, già sindaco di Crespano, che fui immediatamente nominato vice-sindaco”.

Con competenza sul Bilancio…
“Proprio così. Il sindaco mi disse: affido il bilancio a te, che ci sai fare con i numeri. Già, ma la mia competenza teorica ha subìto immediatamente un tracollo. Risultò subito chiaro che Crespano non poteva, e non può, fare fronte alle spese necessarie per tener in piedi un Comune e progettare il suo futuro.”..

E allora?
“Appena mi sono confrontato con i colleghi dei Comuni limitrofi, abbiamo messo insieme le nostre preoccupazioni e abbiamo pensato che bisognava fare qualcosa”.

E ora, dove vuole arrivare con sua protesta?
“Noi la chiamiamo protesta-proposta, perché insieme alla sacrosanta protesta del territorio soffocato dal patto di stabilità, abbiamo elaborato una legge molto semplice, fatta di pochi articoli, che offre una soluzione immediata. Il Movimento dei Sindaci si batte perché il 20% dell’Irpef versato in ciascun Comune, rimanga al Comune. Con ciò chiediamo soltanto di poter garantire la corretta gestione delle funzioni che da un lato lo Stato ci impone e dall’altro ci impedisce, togliendoci le risorse. La proposta va in Parlamento, e sarà supportata da manifestazioni a livello locale e nazionale, come quella in programma a Roma il 21 ottobre prossimo”.

Ma la coperta è un po’ corta: se lo Stato concede da una parte, dovrà poi tagliare da un’altra, visto il debito pubblico alle stelle….
“Certo. Si deve tagliare dove si può, anzi dove si deve: si devono tagliare i costi della politica e gli sprechi della sanità, per esempio. Ma non gli investimenti per opere a beneficio del futuro dei cittadini, è l’assurdo del patto di stabilità, per cui esistono già gli accantonamenti previsti. Sia ben chiaro, inoltre, che mentre chiediamo che resti ai Comuni il 20 dell’Irpef versata dai contribuenti residenti, rinunciamo contemporaneamente alle altre contribuzioni statali. Si tratta, in sostanza di realizzare contemporaneamente un’equità fiscale anche dal punto di vista territoriale, senza venir meno in alcun modo al criterio di sussidiarietà: perché adesso Comuni del nord pagano molto di più e hanno molto di meno. I Comuni del Veneto, per esempio, si finanziano per il 70% attraverso entrate proprie e per il 30% con trasferimenti dello Stato. In altre regioni d’Italia succede esattamente il contrario. Il trasferimento medio dello Stato ai Comuni veneti è di 140 euro pro capite, mentre i comuni della Campania ne ricevono mediamente 350”.

Ma non è questa la battaglia della Lega, già vinta con la legge da poco varata sul federalismo? Il Movimento dei Sindaci vuole realizzare anche un nuovo progetto politico?
“Assolutamente no. Siamo decisamente trasversali. La nostra proposta unisce gli amministratori comunali non schierati, come i rappresentanti di liste civiche, e appartenenti a tutti i partiti, in qualche caso Lega compresa. Perché si tratta di una proposta nuova, concreta, difficile da contestare. Naturalmente, il nostro obiettivo può essere raggiunto per gradi, nell’arco di un quinquennio, ma è il concetto alla base della proposta di legge che deve passare subito”.

Che la nuova legge sul federalismo non prevede?
“Questa legge è conosciuta solo per il titolo, ma non per i contenuti. Chi li ha letti attentamente sa che, in realtà, essa realizza esattamente il contrario di ciò che promette. La sostanza è questa: lo Stato decide, tenendo il conto della migliore ipotesi, quale sia il costo minimo di un investimento, se un dato comune lo supera deve far pagare la differenza tassando i propri cittadini. Ma realizzare un ponte, un ospedale, una strada in Veneto o in Sicilia può risultare decisamente diverso: incidono sia il criterio di necessità, sia il livello di spesa, sia innumerevoli altri fattori. In più, così facendo il sistema diventa più centralista che mai. Senza contare che i tempi di realizzazione sono biblici: almeno 7 anni prima di andare a regime. La nostra proposta è molto più semplice: lasciate ai Comuni una parte dei soldi versati in tasse dai propri residenti e ogni Comune penserà a come investirli, rispondendo loro direttamente. E darebbe una bella mano al rilancio dell’economia. Mi domando, i sindaci si domandano: perché no?”.

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