Il Movimento dei Sindaci: Questo decreto è il contrario del federalismo

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'Tra l'altro sono stati mantenuti i privilegi alle Regioni a statuto speciale'

Data:

14 Febbraio 2011

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La denuncia del Movimento dei Sindaci: lo Stato ha debiti per 1.800 miliardi di euro, appena 50 dei quali imputabili ai Comuni, circa il 4 %
La denuncia del Movimento dei Sindaci: lo Stato ha debiti per 1.800 miliardi di euro, appena 50 dei quali imputabili ai Comuni, circa il 4 %

“I veri federalisti, e noi con loro, sono contrari al decreto attuativo del fisco municipale, già giudicato irricevibile dal Capo dello Stato, dopo il voto finito in pareggio nella commissione bicamerale”.

Il Movimento dei Sindaci del Piemonte torna a far sentire la propria voce per ribadire alcuni concetti fondamentali.

Li elenca il sindaco Luca Gosso, che è anche il portavoce del movimento: “Non siamo d’accordo con l’Anci che l’ha avvallato, poiché chi ha a cuore il vero federalismo, quello che ambisce ad eliminare il parassitismo di uno Stato che si permette di mantenere Comuni come Palermo con 20 mila dipendenti, sa che il presunto rimedio è peggiore del male”.

Perché? “Perché –risponde Gosso - il decreto è composto da articoli contraddittori, che non soddisfanno affatto lo scopo della legge. In concreto, il nome federalismo fiscale è soltanto di facciata per norme che in pratica rinforzano il centralismo, diminuiscono l’autonomia e porteranno più tasse per tutti. Noi vogliamo autonomia e responsabilità per i Comuni. Ma le tasse continueranno ad andare a Roma e il Governo deciderà le aliquote, come previsto per l’Imu. Purtroppo questa è la verità”.

Sembra incredibile… “Ma tant’è. I cittadini devono saperlo. Due dati sono emblematici per evidenziare il fallimento del decreto. In primo luogo i privilegi delle Regioni a statuto speciale sono rimastati tali. Chiedono sacrifici, ma non alla Sicilia, alla Sardegna al Friuli, al Trentino e alla Valle d’Aosta. E questa è l’ingiustizia più palese. Questo decreto ”.

E l’altra grave lacuna? “Non si parla di costi standard, ma soltanto di fabbisogni”.

Ossia? “Il concetto non è immediato. Cerco – spiega l’esponente del movimento - di riassumere il più chiaramente possibile. Il decreto non fa riferimento ai costi standard (che invece sono previsti dalla legge, insieme con i fabbisogni – ndr) perché oggi non si è in grado di determinarli, poiché i modi con cui i comuni e gli enti locali stilano i bilanci sono diversi e non comparabili. Occorreva prima armonizzarli con una riforma del sistema contabile e poi procedere al conteggio degli standard. Ma ci sarebbe stato bisogno di troppo tempo, evidentemente”.

Quindi non è possibile avere l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare gli obiettivi…”Esatto. Ma c’è dell’altro. – continua il sindaco - Per quanto concerne i fabbisogni standard per il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, adottati al fine di superare il sistema della spesa storica, in pratica si copia la stessa modalità già adottata per la sanità, che ha già dato risultati non proprio apprezzabili. E’ difficile entrare nei particolari tecnici, basti sapere che, per tanto per incominciare, in questi giorni i Comuni stanno ricevendo le prime indicazioni per raccogliere i propri dati relativi alle funzioni di amministrazione generale e di polizia locale. Ebbene, un docente universitario, il professor Stefano Pozzoli, ha scritto, alcuni giorni fa in un articolo pubblicato su un giornale economico, che nella metodologia adottata per conteggiare i fabbisogni standard entrerebbero in gioco circa duemila variabili. Duemila” .

E circa il sistema di perequazione proposto dal decreto qual è la vostra posizione? “Altro tasto dolente. La sussidiarietà viene impostata nel vecchio modo, cosiddetto orizzontale, fra aree regionali più ricche e più povere e non in senso verticale, per premiare chi risparmia di più o produce di più. Inoltre mi domando il perché di tutto questo accanimento sui Comuni? Lo Stato ha debiti per 1.800 miliardi di euro, appena 50 dei quali imputabili ai Comuni, circa il 4 %. I Comuni sono gli enti più vicini ai cittadini ai quali devono erogare servizi essenziali: perché non tagliare altrove?”

Come se ne esce? “Purtroppo la questione è politica. Per una grande riforma come questa servirebbe un accordo trasversale ed invece sono tutti contro tutti: la sinistra mira soltanto a far cadere il governo, il centro è sostanzialmente contrario al federalismo e la Lega si dimostra confusa e disposta a compromessi. A questo punto non resta che sperare in qualche miglioria nel corso dell’iter parlamentare”.

Il governo però ha ora proposto di porre la fiducia sul provvedimento… “E’ la dimostrazione della debolezza del decreto voluto dalla Lega – interviene Pierpaolo Varrone, sindaco di Borgo San Dalmazzo e uno dei fondatori del – Si rifiuta il confronto, non si pone attenzione ai problemi veri dei Comuni, per portare a casa una bandiera. Un comportamento autoritario, che rivela come i termini decentramento e attenzione alla periferia sono per il partito di Bossi vuote parole. Lo Stato, infatti, non rinuncia a nessuna tassa, ma ne prevede di nuove da parte dei Comuni. Così a rimetterci sarà ancora una volta il cittadino”.

“Siamo profondamente delusi – è la conclusione del sindaco di Centallo, Antonio Panero, anch’egli fra i fondatori del Movimento nato a Cuneo nel 2009 - E l’amarezza più grande ce l’ha procurata la posizione dell’Anci, che continua ad non tenere in alcun conto i comuni virtuosi. Il federalismo che ci aspettavamo doveva essere una scelta coraggiosa per il futuro del Paese, invece le prospettive sono sempre più nere. Anche perché, in attesa dell’applicazione di un decreto sospeso e comunque realizzabile soltanto nel 2014, abbiamo di fronte tre anni con bilanci di difficilissima quadratura. Non siamo contrari al federalismo, ma a sfavore di un modo farraginoso e iniquo di considerare i Comuni, senza alcun distinguo, alla stregua di centri di costo, con autonomia gestionale limitata”.

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