Si è svolto sabato scorso, 21 marzo, per iniziativa del Comune e dell’assessore alla Collina Ezio Donadio, un incontro-escursione alle vecchie cave di alabastro di Busca. Era invitato il professor Emanuele Costa del dipartimento di Scienze della terra dell'università di Torino, accompagnato da una ricercatrice dello stesso dipartimento. Esperto conoscitore delle cave e della loro storia, il professore ha annunciato di aver intenzione di condurre uno studio per la caratterizzazione del sito, finalizzato ad una eventuale futura apertura a visite guidate. Al sopralluogo hanno partecipato anche il sindaco, Marco Gallo,l’assessora Carla Eandi, i consiglieri comunali Diego Bressi, Paolo Comba e Gianpiero Bianchi e i proprietari, la famiglia Isaia di Busca.
Si tratta di 5 gole profonde un'ottantina di metri ciascuna ed alte una trentina situate sulla collina dell'Eremo. La formazione è risalentie a, forse, 50 mila anni fa, ed è ritenuta degna di studi e approfondimenti. Il sito fu abbandonato alla metà degli Anni Cinquanta del secolo scorso quando cessò lo sfruttamento. Il luogo, alquanto suggestivo, deve però essere messo in sicurezza e si sta studinado ora una forma di convenzione per rendere possibile da parte dell'università il reprimento dei fondi necessari per avviare il progetto.
Intanto il Comune sta organizzando per martedì 26 maggio in Casa Francotto una sera dedicata al tema, in cui i buschesi sono chiamati anche a testimoniare con materiale fotografico e racconti i tempi in cui la cava era attiva.
Bella e fragile
L’alabastro di Busca è una delle pietre ornamentali più usate ed apprezzate nell’arte e nell’architettura piemontese nei secoli scorsi. È una roccia facilmente lavorabile e lucidabile che si presta a vari utilizzi negli interni di edifici, per via della sua fragilità e delle piccole dimensioni dei blocchi estratti. Era particolarmente apprezzato dagli architetti di Casa Savoia.