Il racconto ai bambini del testimone Giuseppe Fornero

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Il reduce di Russia, casse 1920, dialoga con i bambini di quinta elementare

Data:

30 Gennaio 2017

Tempo di lettura:

3 min

L'incontro nella scuola primaria organizzato dal Comune. Si lavora ad una raccolta di immagini e interviste
L'incontro nella scuola primaria organizzato dal Comune. Si lavora ad una raccolta di immagini e interviste
Un conto è leggerla sui libri, la storia, o meglio, la Storia. Un altro è se il racconto di quello che è successo viene direttamente dalla voce di chi c’era.

La differenza l’hanno capita bene gli alunni delle classi di quinta della scuola primaria di Busca che sabato scorso, 28 gennaio, hanno avuto ospite a scuola l’alpino Giuseppe Fornero, classe 1920, reduce di Russia (e non soltanto di Russia).

A volere l’incontro, che è coinciso non  a caso con la settimana del Giorno della Memoria,  è stato il sindaco, Marco Gallo, che ha condiviso l’iniziativa con il dirigente dell’Istituto comprensivo, Davide Martini, ed ha partecipato alla mattinata insieme con l’assessore Ezio Donadio : “Raccogliere questa testimonianza unica e fra le ultime dirette  – spiega Gallo – è doveroso e molto significativo per la nostra comunità. Ringrazio il signor Fornero che ha accettato la nostra proposta ed è estremamente disponibile anche per una raccolta di immagini e interviste, che ha preso avvio proprio nella mattinata di sabato. Fornero è un testimone assai lucido, preciso e decisamene obiettivo di eventi che hanno fatto la storia della nostra nazione. La sua lezione ha catturato l’attenzione di tutti gli scolari, i quali  gli hanno potuto rivolgere diverse domande, cui ha risposto con pazienza e ricchezza di dettagli”.

Per l’ennesima volta, ma sempre con la stessa passione e con la medesima emozione, Giuseppe ha raccontato: “Ero partito per fare il sodato quando avevo vent’anni e poi… ah! A me è andata bene, sono stato dei più fortunati, ma sennò…”.

Reduce della Campagna di Albania, dal fronte francese e, infine, dalla folle Campagna di Russia, Giuseppe faceva parte del Gruppo di artiglieria Alpina Mondovì della Divisione Cuneense.

La sua storia, che  è stata anche raccolta in un libro, quello di  Nicola Teresio Ballario autore di “Turneruma encù en Piemunt?” (edizioni Primalpe), adesso la dice ai bambini di Busca, seduti davanti a lui, che a 96 anni è arrivato in centro dalla frazione San Martino, dove abita, ancora guidando la sua Panda bianca. Come fa ogni mattina, quando viene in centro a prendere il suo caffè quotidiano. Tutti lo conoscono, l’Alpino Fornero, il passo ancora deciso, lo sguardo orgoglioso, gli occhi di chi ha visto il peggio e niente, dopo, lo può spaventare più.
Il signor Fornero racconta volentieri, lo ha fatto tutte le volte che glielo hanno chiesto gli amici, i parenti, gli insegnanti e i compagni di scuola dei suoi nipoti.

A distanza di tanti anni il dolore di aver lasciato laggiù “tanti compagni che per me erano come fratelli” non si è certo affievolito; il suo raccontare è asciutto e preciso, particolareggiato, ma gli occhi si riempiono ancora di lacrime quando arriva in quel punto in cui, finalmente, sale sul treno che lo riporterà a casa: “quando parte, mi metto a piangere. ‘Alpino perché piangi?’ mi chiede un bersagliere. ‘Piango pensando ai compagni con i quali ho passato tre anni, tre fronti e tanti pericoli e ora non ci sono più’ ‘Alpino, pensa per te’ mi risponde quello…”.
E’ tornato, si è fatto un famiglia, che lo accudisce amorevolmente. Ha vissuto una lunga vita felice. Ma neanche per un giorno ha dimenticato. Ma nemmeno ha dimenticato di essere soldato. Non maledice. Non giudica. Con onore, indossa il suo cappello da Alpino e, orgoglioso, come ogni anno, anche negli scorsi giorni ha partecipato alle celebrazioni provinciali dell’anniversario della battaglia di Nowo Postojalowka del 20 gennaio 1943, cui prese parte.
“In quell’inferno - racconta – io trovai riparo dentro una buca, mentre ben cinque bombe mi sfiorarono scoppiando a mezzo metro di distanza. Del mio battaglione siamo tornati in 29 su 300. A quaranta gradi sotto zero con scarpe fatti di stracci, senza più munizioni, bastava fermarsi un attimo che il sangue gelava”.
Sono cose che non si possono nemmeno immaginare. Ma i bambini che lo stanno a sentire, totalmente assorti, ci provano, ad immaginare.

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